Bruno Conte
enimmario
4 dicembre 2010 – 15 gennaio 2011
Inaugurazione sabato 4 dicembre ore 19,00
Testo di Stefano Gallo
Lo spazio nel quale abitano le creature di Bruno Conte, lo spazio che sono e che suggeriscono, altrettanto si apre quanto si richiude. Un’analogia con tale loro natura profonda si coglie nell’essere la costituzione plastica della sua opera tanto caratterizzata dal rilievo quanto necessariamente toccata anche dall’intaglio, dallo scavo, in definitiva dall’allontanarsi del segno nella profondità, quasi a rifugiarvisi. E un emblema di essa sono i libri lignei, sculture apribili e sfogliabili, ma che non secondariamente inclinano al nascondimento.
Richiamo l’attenzione su quest’aspetto proprio in relazione all’occasione di una mostra. Nulla di più lontano della ricerca di Conte dalla dimensione contemporanea della “comunicazione”. In nulla qualche rapporto con le strategie, i modi, gli effetti attraverso i quali l’opera d’arte naviga le acque apparentemente sempre nuove del mondo dei media. Chi entri nella galleria, e vi osservi queste sue opere alle pareti, sarà io credo sulla buona strada per coglierne le parole se le avvertirà mostrarsi a lui e anche sottrarsi. Infatti non solo desiderano essere guardate, ma abitate: sono luoghi ove raccogliersi, allontanandosi dall’aperto.
Ognuna di queste creazioni nasce da un gioco dialettico che si ripete. Da un lato Conte con sottile sapienza formale allestisce il campo geometrico della scena, l’ordine astratto entro cui, o meglio i rapporti “tra” cui l’apparizione prenderà corpo; dall’altro appunto l’apparizione, che nella sua ricerca è sì forma (intendo dire risultato maturato e raggiunto), ma in qualche modo emergente da un processo del quale l’autore sia piuttosto mediatore. E l’”oltre” che compare a volte nei nomi che accompagnano con affine logica poetica le opere di Conte è un indicatore del luogo esistenziale ove esse mirano a condurci.
Alla radice è l’intuizione di un mondo plastico e pittorico insieme. Il che significa un mondo che riceve la luce dall’esterno, cioè un oggetto, un’entità autonoma, un creato; e un mondo che genera la sua luce, che si rappresenta, che crea. Il legno è il mezzo di quest’intuizione: è materia per il rilievo e per l’intaglio, è corpo, è volume, è cosa; ma è anche superficie e tessuto impregnabile di luce e di colore, è finzione. Il legno infine è sostanza vegetale, è reliquia della linfa vitale: e le forme di Conte, forme di ”arte”, forme di una raffinata artigianalità, sono portate alla luce in questo medium perché in qualche modo vivano. Attendendo chi voglia della loro vita partecipare e in essa custodirsi.